Il passaggio generazionale

Un caso molto interessante che voglio raccontarti parla di un passaggio generazionale, non un passaggio generazionale di padre e figlio, ma un passaggio alle future generazioni per la gestione dell’azienda.

Ti sto parlando di una filiale italiana di una multinazionale tedesca che globalmente fa 800 milioni di euro di fatturato a livello mondiale. La filiale italiana è un’azienda da 23 milioni di fatturato con circa 95 dipendenti.

Vengo chiamato dal direttore generale che alle soglie dei 60 anni sta cominciando a pensare al fatto che quando lui andrà in pensione, qualcuno dovrà prendere il suo posto.

Il direttore di produzione ha la stessa età e andrà in pensione anche prima perché ha cominciato a lavorare giovanissimo. La responsabile delle risorse umane è già in pensione con un contratto temporaneo, quindi di fatto, la gestione dell’azienda è già a un passo dalla pensione.

Dietro di loro c’è un’età media di 34 anni. È un’azienda che lavora in un settore molto specializzato della meccanica di alta precisione. Fatta eccezione per la forza produttiva, sono quasi tutti ingegneri.

Il direttore generale mi dice di aver identificato le otto persone che devono diventare manager di domani.

Mi dice: Quello che ho bisogno è che tu me li faccia diventare dei manager.

La richiesta chiaramente è un po altezzosa e anche generica, però molto sfidante. Io mi sono permesso di porre al direttore generale tre domande.

La prima domanda che ho fatto è stata: Loro lo sanno che sono i prescelti? La seconda domanda: È quello che vogliono per la loro carriera/vita? E la terza domanda: Il resto dell’azienda è d’accordo con te che sono quelle le persone sulle quali puntare?

Ho notato un momentaneo smarrimento negli occhi del direttore generale e sono contento di questo perché a volte creare un dubbio vuol dire favorire la ricerca di una soluzione che probabilmente ha aspetti prima non considerati. Tu cosa ne pensi?

Se facciamo un progetto insieme, in cui cerchiamo di capire chi sono queste persone, al di là delle loro competenze e della laurea e del loro ruolo, capiamo esattamente quali sono le loro attitudini, le loro preferenze e il loro modo di lavorare e, soprattutto, qual è il vissuto del resto dell’azienda nei confronti di queste persone.

Abbiamo quindi costruito un progetto e il progetto è stato organizzato.

Primo abbiamo somministrato a queste persone un questionario di personalità che si chiama Emergenetics, piuttosto interessante, in cui si evidenziano sette parametri della persona che sono le preferenze cognitive e comportamentali della persona stessa. Ti aiuta a comprendere se sei una persona più analitica, più strutturale, più sociale o concettuale, se sei una persona che ha un alto livello di assertività, piuttosto che non di flessibilità, quale tipo di predisposizione al cambiamento, e tutta una serie di parametri che ci aiutano a delineare, senza dare un giudizio alla persona, il suo mondo di attitudini, come preferisce muoversi, pensare e comportarsi.

Dopodiché abbiamo somministrato un questionario, in questo caso per reparto aziendale, avente carattere di anonimità per garantirei la genuinità delle risposte, volto a capire il funzionamento delle reti neurali sottostanti l’organigramma, cioè chi sono i detentori di nodi importanti come la comunicazione, la fiducia e la competenza all’interno dell’azienda.

Non contenti di questo abbiamo anche costruito una job description per ogni ruolo che andava ricoperto, procedendo come segue.

Abbiamo preso la persona detentore di quel ruolo e gli abbiamo chiesto fondamentalmente tre cose. Quali sono le tue attività della giornata, quali sono le cose che fai? Qual è il tuo livello di conoscenze legate al tuo ruolo? quali sono le competenze necessarie e sufficienti legate allo svolgimento del tuo lavoro?

Una volta che le risposte sono state esaustive abbiamo mandato via la persona e abbiamo scelto un fornitore interno, un cliente interno ed il suo capo. e con loro, in una sorta di 360°, abbiamo validato questa scheda (le risposte alle tre succitate domande), togliendo, aggiungendo, modificando, implementando le voci perché fossero esattamente corrette all’interpretazione di quel ruolo in quella azienda e non in un’altra.

E l’abbiamo fatto per tutti i ruoli di primo livello. E cosa è emerso?

Intanto una serie di documenti, che sono stati validati dalla direzione generale, in cui vi fosse certezza circa le responsabilità ed limite operativo di ciascun ruolo. La seconda cosa è che degli otto che aveva scelto il direttore generale uno purtroppo non ha ottenuto il consenso dal resto della platea e quindi è stato depennato mentre due altre persone che non erano state considerate hanno ottenuto un ottimo risultato.

Quindi abbiamo lavorato su nove manager.

Su queste nove persone abbiamo costruito un progetto di sviluppo della loro managerialità sia sotto il profilo delle competenze individuali sia sotto il profilo della gestione del personale del lavoro per obiettivi della guida attraverso dinamiche di coaching.

È stato molto interessante scoprire come quelle che erano le certezze del direttore, che aveva individuato già le persone che avrebbero dovuto seguirlo, organizzando un’analisi in maniera più allargata, fossero più che parzialmente svanite, ancor più potenziate. L’informazione in arrivo si è dimostrata più ricca e più completa e forse più efficace in termini di sviluppo della gestione del business.

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