Il team work aziendale, come si costruisce e perchè non può mancare.
Spesso le persone sono molto brave nel fare quello che stanno facendo ma non si preoccupano di come il loro operato possa contaminare gli altri reparti aziendali. È un classico errore che scopro quotidianamente: L’amministrazione si è arrabbiata con la commerciale perché hanno venduto con un pagamento di un prezzo diverso, l’ufficio tecnico non è contento della soluzione “personalizzata” che è stata venduta, i magazzinieri si ritrovano ad organizzare ordini nuovi senza invece smaltire materiali/prodotti pre-esistenti…
Come mai non c’è dialogo collaborativo tra i vari reparti aziendali?
Come mai ci sono questi compartimenti stagni, silos, per cui ognuno pensa al proprio obiettivo quando invece siamo tutti parte di un obiettivo centrale? La domanda importante diventa allora: Come può l’imprenditore favorire un’attività di comunicazione tra i vari reparti in modo da portare un risultato di qualità?
Questo è un tema molto importante che non riguarda le competenze tecniche delle persone, ma riguarda la qualità del lavorare insieme.
A questo proposito c’è una cosa che mi interessa raccontarti:
Recentemente è uscito un libro di Pietro Ichino “L’intelligenza del lavoro”, personaggio molto noto in Italia, che dice: Sarebbe bella un’azienda in cui sono i collaboratori a scegliere i propri imprenditori.
Chiaramente è una provocazione, questa cosa non può accadere, ma pone l’attenzione sul fatto che le persone sono al centro di ogni organizzazione. Sono al centro di ogni azienda, sono l’elemento su cui si costruisce il business. L’altro elemento che non c’è nel nostro mondo, ma che nel mondo delle aziende anglosassoni è molto sentito si chiama Great Place to Work. Tradotto: Fantastico luogo per lavorare.
Lavorare in Team presuppone un’altra grande difficoltà.
Cosa vuol dire lavorare in team?
Significa integrare le diversità verso un obiettivo condiviso. La diversità è un concetto molto ampio. Oggi c’è anche una diversità etnica. Conosco personalmente tante aziende che hanno senegalesi che lavorano insieme a marocchini albanesi e rumeni. Può capitare che l’azienda che cerca una persona non può permettersi di pagarla più dei suoi competitori, può però mettere in palio una migliore qualità dell’ambiente lavorativo. Preferisci guadagnare di più o essere più felice?
Questa diversità a volte è una diversità di cultura, una diversità di religione, di approccio alla vita, di motivazioni profonde. Eppure queste persone devono poter lavorare insieme nell’azienda, verso un comune obiettivo e spesso non non è facile integrarle.
Un’altra difficoltà è anche la diversità anagrafica. Oggi avere in azienda una persona vicina alla pensione o un giovane appena assunto e pensare di motivarle entrambe con gli stessi schemi di motivazione è assurdo. Le diverse generazioni hanno sistemi di motivazione completamente diversi. I giovani oggi hanno aspettative in termini di crescita, di arricchimento, di sviluppo di carriera con un timing molto più breve di quanto non lo fosse per persone che ormai sono nel mondo del lavoro da 20, 30 anni.
Quindi come si fa a gestire un team di grande diversità?
Qual è la qualità che anche tu come imprenditore devi avere per accorgerti di queste differenze? Come parlare con Francesco piuttosto che con Andrea? Con Alessandra invece che con Paola?
C’è anche la difficoltà di genere. Ci sono lavori che sono femminili per praticità e altri lavori più fisici maschili. Ma c’è anche un retaggio culturale e dei pregiudizi sulla differenza di genere. Pensiamo a tutta quella lettura esistente sul tema: Le donne fanno i figli, non mi vengono a lavorare, ed io devo pagarle lo stesso…
La qualità del clima, la qualità della collaborazioni e il loro senso di gratificazione sono importanti e strategici.Qual è il sogno che ha il tuo collaboratore? Lo sai? Glielo hai mai mai chiesto? È semplicemente uno che entra, timbra, lavora e poi torna a casa?
E c’è ancora un aspetto nuovo che invece voglio evidenziare: Si tende a pensare che chi si è diplomato in ragioneria o si è laureato in ingegneria abbia un’attitudine verso i numeri. Molto spesso qualcuno si laurea in ingegneria perché ha genitori ingegneri che hanno forzato il ragazzo a studiare, senza che ciò significhi che lui sia predisposto a fare l’ingegnere o ne abbia voglia. Quali sono le attitudini individuali? Lavoro molto su questo orientamento perché credo che se non riusciamo a dare alla persona un lavoro in linea con le sue preferenze cognitivo-comportamentale, le sue attitudini, allora sarà più difficile ottenere ottimi risultati.
C’è un bellissimo libro di James Hilman “Il codice dell’anima” che dice, metaforicamente, che dentro la ghianda c’è tutta la quercia. Basta solo dargli un po d’acqua un po di sole. A crescere ci pensa da sola.
La mia domanda è allora: se pensi ai tuoi collaboratori come una ghianda tu gli stai dando l’acqua ed il sole lasciando che crescano secondo le loro preferenze, le loro attitudini oppure li hai messi in delle griglie, potati e ne hai fatto un bonsai per quello che serviva a te nella tua azienda? Non è un tema facile, mi rendo conto, ma oggi ci sono strumenti molto interessanti per poter fare una valutazione cognitivo-comportamentale delle preferenze delle attitudini delle persone.
Personalmente ne utilizzo uno in particolare che si chiama Emergenetics.
Questo è uno strumento estremamente utile per comprendere che cosa le persone preferirebbero fare se fosse lasciata a loro la scelta di operare nel modo più libero possibile. Emergenetics si fonda sull’idea che ciascun carattere – dunque, ciascuno di noi – è frutto di ciò che è e di ciò che è fatto, ovvero una commistione fra caratteristiche genetiche ed esperienze di vita. A partire da questa idea, Emergenetics fornisce un metodo chiaro e intuitivo per capire questo incrocio di natura e cultura che delineano la struttura attitudinale di ciascuno di noi.

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